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al testo di Ivan Pozzoni
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Menestrelli di canzoni antiche i nostri nonni camminarono senza sosta tra edicole di Madonne e tappe della loro lineare biografia, macinando centinaia di chilometri sulle carriere dell’antemoderno, maltrattati dalle fatiche, nell’intera loro vi(t)a Francigena, dalla culla alla tomba orientate da cartelli indicatori fabbricati in materiale indistruttibile in grado di dare senso a una stanchezza senza fine.
Vittime dell’esplosione di un costante boom tecnologico, i successivi abitatori del moderno hanno marciato in auto, addestrati a rispettare i segnali e ogni forma d’autorità, disciplinandosi a svoltare a sinistra o a destra e a fermarsi ai semafori, comodamente seduti su interni in serie, viziati, dalla culla alla tomba, da uno stato sociale vittima dell’implosione di un boom economico costante.
Noi, costretti a nuotare tra le onde dell’oltremoderno, tra i riflussi fluidi di una eternità flessibile, sviluppiamo attitudini e ansie di chi sia circondato dall’acqua, fuori da ogni carriera, fuori da ogni autostrada, alternando a vigorose bracciate il sistema di «fare il morto», spinti a una resistenza immotivata dal terrore di annegare.
[Patroclo non deve morire, 2013] |
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